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IL SESSO DEGLI ANGELIS

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E’ tornato il coro dell’antifascismo in assenza di fascismo in un paese che sta letteralmente morendo di fame. 

 Francesco Rocca è stato uno dei terzini più forti del calcio italiano, uno dei primi terzini “moderni” si dice sempre, per il fatto che non si limitava a marcare, ma spingeva, eccome se spingeva. Era sul trampolino di lancio per il successo, la Roma rinnovata di fine anni settanta, pronta a spiccare il volo, e la Nazionale (seppure con tanta concorrenza) che avrebbe vinto quello che tutti sappiamo.

Invece è stato due volte sfortunatissimo. La prima perché ha dovuto smettere anzitempo di giocare: i legamenti maledetti, rotti, operati, mai troppo guariti e i problemi di postura che ne sono derivati, che hanno generato altri problemi alla schiena. Un vero grande peccato, fermarsi a un anno dallo scudetto che la città aspetta da quarant’anni. E solo un grande vero campione come Falcao, dopo averlo vinto, si ricorda per prima cosa di dedicarlo ai giocatori che avevano iniziato il ciclo della Roma di Liedholm, ma non erano rimasti (Santarini, Turone, Scarnecchia e Rocca appunto).

La seconda ragione di sfortuna è legata alla nomea che lo accompagnerà nella memoria storica dei tifosi: non il terzino velocissimo che ha avuto la carriera interrotta da un infortunio, ma l’allenatore della Nazionale Olimpica che ha perso contro lo Zambia alle Olimpiadi del 1988. Perché una volta esisteva la Nazionale Olimpica, e c’era pure la regola che non dovessero (o quasi) esserci calciatori già convocati nella Nazionale vera (il che già oggi sarebbe un problema grave). Rocca la guidava alle olimpiadi di Seoul e presero una bastonata terribile, 4 a 0 dalla suddetta compagine africana.

Rocca finisce lì, e peraltro il tutto all’epoca fu fatto rientrare nella sterile polemica zona – uomo (anche se in realtà di zona mista si tratta ed era lo Zambia a giocare a zona pura). Non è nemmeno l’unica grave sconfitta dell’Olimpica, che vent’anni prima ne aveva per esempio presi 4 anche dalla Germania Est, ma nella memoria popolare Rocca è quello eliminato dallo Zambia. E il tutto non è nemmeno vero, perché il 4 a 0 non bastò a sancire l’eliminazione, quella Nazionale passò il girone e arrivò alla finale per il terzo posto. Insomma su tutto il mondo, a quelle olimpiadi, Rocca arrivò quarto, eliminato dall’Unione Sovietica, non dallo Zambia al primo turno. Questa è la verità.

Dopo tutte queste righe mi accorgo che il Francesco Rocca che ha dei problemi non è il terzino, ma il presidente della regione Lazio. E l’articolo potrebbe terminare qui, perché a me interessa solo della Roma, e questo omonimo che non ha nemmeno mai allenato la Nazionale Olimpica a Seoul non so chi sia. Ma mi cade l’occhio su un dettaglio: che problemi ha Francesco Rocca (II) – facciamo come nelle figurine Panini, che mettevano il numero romano agli omonimi e fratelli, d’altronde anche Bruno Conti era Bruno Conti (II)? Ha l’addetto stampa (o responsabile della comunicazione, o quello che è) che ha negato la strage di Bologna del 1980. Si chiama Marcello De Angelis.

Ma Marcello De Angelis io so chi è, lo so molto bene. Perché nel pollaio in cui sono cresciuto politicamente è uno molto importante, un riferimento culturale. Normale che Francesco Rocca (II) lo abbia preso come consigliere, visto che la scalata alle cariche di Fratelli d’Italia è stata molto veloce e in molte regioni si sono ritrovati ad avere “più sedie che culi”, come mi ha confessato testualmente un esponente del partito nel 2019, dopo l’elezione improvvisa di Cirio alla Regione Piemonte. Quindi la sua scelta è stata felice… una volta tanto.

E so anche che cosa intendesse su Bologna: intendeva dire che probabilmente non sono stati i NAR, che avranno rapinato, sparato e ammazzato, ma con quella strage lì non c’entravano. Tutto lì. E nulla di nuovo sotto il sole, dal momento che lo stesso Cossiga, che non era l’ultimo arrivato, e nemmeno il penultimo, disse che si trattava molto probabilmente di esplosivo in transito, che non sarebbe dovuto scoppiare in quel momento. Ma la tesi della strage neofascista è troppo bella e soprattutto è l’occasione per rispolverare cent’anni di polemiche e contrasti, e pare proprio che da più parti non si aspettasse altro.

De Angelis ha subito chiesto scusa, e sensibilmente lo ha fatto nei confronti prima di tutto dei suoi sodali di partito e di istituzioni, ai quali ha capito subito che il trabocchetto nel quale è scivolato porterà una infinità di problemi. E infatti così è stato. Perché scavando nel suo passato è venuto fuori di tutto. O meglio di tutto per chi ha deciso che tutto dovesse venire fuori.

Militante di Terza Posizione, il che è sufficiente per farlo definire da alcuna stampa “l’ex terrorista”, poi latitante, poco importa che dal 1995 abbia ufficialmente accettato le regole del gioco aderendo ad Alleanza Nazionale, dirigendo il giornale di una delle sue correnti interne e addirittura giurando per due volte fedeltà allo stato, essendo stato sia senatore, che deputato.

Però la storia di Terza Posizione funziona troppo bene. Ha anche una condanna per associazione sovversiva, che però evidentemente non è riuscita a sovvertire gran che. E soprattutto ha dato l’occasione per reintonare il coro dell’antifascismo in assenza di fascismo che, morto Berlusconi, era giusto qualche mese che non sentivamo. Visto che la Meloni e compagnia non sono quello che dicono e che giurano di essere? Guarda con chi si accompagnano? Un ex terrorista. Il quale si è scusato prima coi suoi che con gli altri, perché ha intesto che tutta questa storia procurerà a Fratelli d’Italia un nuovo grande giro di pubbliche abiure e rituali simili (che poi non basteranno, perché scopriranno che il padre di Valditara avrà fatto il balilla e si ricomincerà da capo).

Solo che “ex terrorista nero” è un po’ poco… alla fine i giornali, i salotti televisivi, i partiti politici, sono pieni di ex terroristi, veri o presunti, pentiti o dissociati. Ci vorrebbe qualcos’altro, tipo l’antisemitismo. Perfetto, trovato, perché Marcello De Angelis è anche un cantautore, ha fondato un gruppo che ha autoironicamente chiamato 270 bis. E i giornali se ne vengono con un bel titolone con l’ex terrorista, negazionista della strage, che ha anche scritto una canzone in cui definisce gli ebrei “mercanti”: me la ricordo, era Settembre nero, una delle più belle, se non la più bella. Qui il fuoco di paglia è ancora più grosso che su Bologna, perché i “mercanti” non erano gli ebrei, ma gli israeliani, e più in generale tutti quelli che avallavano i massacri. Era una canzone in favore della Resistenza Palestinese. Che in Italia è stata sostenuta trasversalmente (da Romualdi a Craxi, da Moro a Berlinguer).

Questa però è la verità (ha espresso l’opinione di Cossiga + ha cantato in favore della Resistenza Palestinese), nella realtà ce n’è per far saltare un governo, almeno in Italia, figuriamoci un addetto stampa.

Io Marcello De Angelis non l’ho mai conosciuto personalmente, perché quando era a La spina nel fianco, io ero nel partito, dopo Fiuggi sono uscito io ed è entrato lui. Però la sua storia la so tutta, come chiunque sia cresciuto lì dentro. E vorrei chiudere con un mio personalissimo ricordo. Una volta molti anni fa, ad un concerto a Torino, prima di cantare la canzone Piccolo Attila, raccontò a tutto il pubblico la storia reale che l’ha ispirata, ossia che lui e un gruppo di amici erano andati una sera ad un concerto, dove riconosciuti dagli oppositori politici erano stati accerchiati e messi in minoranza, ma avevano avuto comunque la meglio. Fin lì niente di che, a chi di noi non era già capitato? Ma poi aggiunse un dettaglio che riguardava suo fratello Nazzareno. Raccontò che Nazzareno (che di lì a poco sarebbe stato suicidato in carcere, aveva gli occhiali, ma se li tolse per difendersi, fece una strage, ruppe tre nasi, ma non vedendoci bene, non colpì sempre gli aggressori. Ecco, anche a me, essendo miope, succedeva la stessa cosa: mi toglievo gli occhiali per non romperli, ma chi colpivo colpivo.

Nel frattempo alle dimissioni, fanno strascico le polemiche delle polemiche: Francesco Rocca (II) giura di poter “testimoniare in prima persona l’evoluzione della personalità di De Angelis” (il rituale delle abiure è già incominciato), mentre l’Anpi sostiene che non possa bastare: ora ci vogliono per lo meno l’antifascismo e la Resistenza nello statuto della Regione Lazio. Tutto questo in un paese che sta letteralmente morendo di fame.

 

 

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