L’obiettivo primario degli americani non è quello ottenere una vittoria dell’Ucraina, ma il controllo dell’Europa. Profonde lacerazioni si profilano all’interno dell’Europa: la UE è destinata a sfaldarsi. E gli americani saranno i mediatori dei conflitti tra blocchi contrapposti. La governance politica dell’Europa sarà dunque devoluta agli USA. L’Europa rinnega se stessa, nella misura in cui non si percepisce come parte del continente eurasiatico.
La pace impossibile
Siamo dinanzi ad una guerra infinita? Quello russo – ucraino è in effetti un conflitto il cui esito e la cui durata non sono prevedibili. Questa guerra tra USA e Russia è un confronto geopolitico in cui sono in gioco i nuovi equilibri mondiali.
Dopo il fallimento della guerra – lampo, l’estensione della Nato nel mar Baltico con l’ingresso di Svezia e Finlandia ed i recenti arretramenti russi dinanzi alla controffensiva ucraina, le difficoltà della Russia sono evidenti. Ma Putin non può perdere la guerra, poiché la sua leadership non sopravvivrebbe alla sconfitta. Né è pensabile una pace che comporti il consolidamento delle posizioni russe del 2014 nella Crimea e nelle province russofone orientali dell’Ucraina. Si tratterebbe in tal caso di riproporre soluzioni già previste dagli accordi di Minsk, peraltro disattesi dell’Ucraina. E un simile accordo si tramuterebbe per Putin in una sconfitta. Pertanto Putin, attraverso la mobilitazione parziale vuole compattare il fronte interno e con l’aggravarsi della crisi energetica dell’Europa, vuole esercitare pressioni sull’Occidente per giungere ad una trattativa con gli USA, data la riscontrata impossibilità di una vittoria sul campo.
Improbabili appaiono altresì le velleità di Zelenski e dei paesi dell’est europeo circa il perseguimento di una guerra ad oltranza con l’obiettivo di sconfiggere la Russia, destabilizzarne le istituzioni e determinarne un suo successivo smembramento. L’Ucraina è totalmente dipendente dal sostegno bellico della Nato. La dissoluzione della Russia non rientra nelle strategie americane. Si verrebbe a creare un vuoto geopolitico in un immenso territorio che, diviso in tanti stati, sarebbe impossibile da controllare, specie per quanto concerne la probabile dispersione degli armamenti nucleari russi. Con la crisi energetica potrebbero sorgere nel prossimo futuro conflittualità interne all’Europa difficilmente governabili. E gli USA non possono permettersi di perdere l’Europa per sostenere la guerra dell’Ucraina. Gli americani inoltre, temono una escalation del conflitto che potrebbe comportare un intervento diretto della Nato. Dopo la sconfitta umiliante in Afghanistan (l’ultima di una lunga serie), l’opinione pubblica americana è refrattaria a farsi coinvolgere in nuove guerre. Anzi, l’opposizione repubblicana, alla vigilia delle elezioni di medio termine, imputa alla presidenza Biden l’eccessiva spesa militare a sostegno dell’Ucraina.
La Russia attualmente vuole negoziare una tregua, come anche l’Europa centrale, mentre l’Ucraina e l’Europa dell’est propendono per una guerra ad oltranza. Gli USA necessitano della russofobia quale storico elemento di contrapposizione ideologica al primato americano nel mondo, ma al contempo questa guerra distoglie gli Stati Uniti dalla loro priorità strategica, quella del contenimento della Cina. Gli americani sono dunque arbitri esclusivi della pace e della guerra?
Tre elementi tuttavia si oppongono ad ogni possibile prospettiva di negoziato. 1) L’attuale conflitto è nei fatti una guerra civile tra russi ed ucraini, che ha innescato una spirale di odio irriducibile tra i due popoli. 2) Con l’estensione della Nato ad est e la trasformazione dell’Ucraina in un avamposto strategico armato occidentale, accordi che prevedano uno status di neutralità dell’Ucraina sono impossibili. 3) L’annessione alla Russia delle regioni di Kherson, Zaporizhzhia, Donetsk e Luhansk è un atto che preclude qualsiasi possibilità di ripristino dello status quo del 2014. Si deve quindi concludere che attualmente ogni prospettiva di pace appare impossibile.
Gli USA non vogliono la vittoria dell’Ucraina ma il controllo dell’Europa
Fino a che punto gli americani sono disposti a sostenere l’Ucraina? Non vogliono certo ingaggiare un conflitto diretto con la Russia. La stessa minaccia nucleare potrebbe costituire un valido strumento propagandistico per indurre le parti in conflitto ad una trattativa. Pertanto il conflitto non dovrà essere esteso oltre i confini dell’Ucraina. L’obiettivo primario degli americani non è quello ottenere una vittoria dell’Ucraina, ma il controllo dell’Europa.
E’ del resto assai improbabile che l’Ucraina possa riconquistare interamente i territori occupati dai russi, nonostante i successi conseguiti nella recente controffensiva. L’avanzata ucraina è stata resa possibile dalle rilevanti forniture di armamenti americani. Non si sa comunque fino a che punto la controffensiva ucraina potrà spingersi nella riconquista dei territori occupati. Gli USA hanno fornito all’Ucraina 16 sistemi di artiglieria Himars (ed è in programma l’invio di altri 18), oltre ai carri armati Abrams. Ma tali armamenti tecnologicamente sofisticati necessitano di lunghi tempi di produzione, valutabili in alcuni mesi se non anni. Tali armamenti saranno prodotti per la prima volta in Europa e non negli USA. Gli americani non possono lasciare sguarnito il loro arsenale di scorte armate in patria per evidenti motivi di sicurezza. Un eccessivo sostegno militare all’Ucraina potrebbe compromettere l’azione di contenimento americana nei confronti della Cina nell’area dell’indo – Pacifico riguardo al contenzioso per Taiwan.
L’elettorato americano è largamente contrario ad una escalation del conflitto e, data la attuale impennata inflazionistica con conseguente ondata recessiva incombente, le eccessive spese militari dell’amministrazione Biden non riscuotono molto consenso popolare. Gli Stati Uniti hanno sostenuto spese militari a sostegno dell’Ucraina per 16 miliardi di dollari in 7 mesi, contro i 4 erogati ogni anno a Israele gli 1,3 all’Egitto.
La guerra, la crisi energetica, l’inflazione galoppante e la recessione economica sono fattori destinati a generare gravi conflittualità sociali e instabilità politica in Europa. Gli USA, onde scongiurare fratture tra i paesi europei membri della Nato, potrebbero essere indotti ad una soluzione negoziata del conflitto ucraino. Aggiungasi che da una conflittualità interna all’Europa potrebbe trarne vantaggio lo stesso Putin.
Si rileva inoltre che la russofobia imperante nei media occidentali costituisce una formidabile arma di distrazione di massa, atta a distogliere il dissenso politico e sociale dilagante tra i popoli dell’Occidente, per dirottarlo contro la Russia, “stato canaglia” di turno.
E’ noto che la finalità strategica americana nella guerra ucraina è quella di logorare economicamente e militarmente la Russia. Questa guerra è da considerarsi una fase della strategia geopolitica americana che prevede la penetrazione della Nato in Eurasia e l’accerchiamento della Russia. Ne sono la prova il recente conflitto tra Azerbaigian e Armenia e i disordini verificatisi in Kazakistan. Tuttavia un eccessivo prorogarsi della guerra a cui sia gli USA che la Cina non sono in grado di porre fine, potrebbe condurre al logoramento non solo della Russia, ma dello stesso Occidente. La Cina potrebbe trarre profitto da un prolungato conflitto russo – ucraino che comportasse un eccessivo impegno sia militare che finanziario da parte americana. E si deve inoltre rammentare che contenimento della Cina rappresenta una priorità strategica per gli USA. Come afferma Michael Kimmage in una intervista pubblicata sul numero 9/2022 di Limes: “Inoltre, esiste un desiderio cinese di vedere l’Europa, gli Stati Uniti e la Russia indebolirsi insieme a causa di questo conflitto. Nonostante le dichiarazioni a Samarcanda, credo che Xi auspichi un risultato della guerra d’Ucraina simile a quello della prima guerra mondiale, dove tutte le potenze coinvolte riemersero infiacchite, lasciando la Cina unica beneficiaria. Nel frattempo, cercherebbe di trarne vantaggio. Per esempio nel Sud del mondo, visto il discredito della leadership americana. La Repubblica Popolare potrebbe ergersi a isola di stabilità in un emisfero caotico. Quindi in una certa misura è probabile che anche Pechino ritenga una guerra lunga nei propri interessi”. Occorre tuttavia osservare che la Cina teme che uno stato di guerra prolungato possa determinare una grave recessione economica nell’Occidente, che inciderebbe gravemente sul suo export, già danneggiato dalla chiusura della via della seta in Ucraina, che rappresenta la principale via di transito commerciale nelle relazioni economiche tra la Cina e l’Europa. Inoltre, un eccessivo indebolimento della Russia potrebbe compromettere gravemente la sicurezza dei confini settentrionali della Cina e depotenziarla nel contenzioso con gli USA nell’area dell’indo – Pacifico.
La strategia occidentale di logoramento della Russia attuata mediante le sanzioni si è rivelata fallimentare. Anzi, dalle sanzioni alla Russia ne esce penalizzata maggiormente l’economia europea in termini di inflazione e caro energia, rispetto a quella russa. La stessa URSS, colpita dalle sanzioni, seppe sviluppare grandi capacità di resistenza e suscitare nel popolo russo un grande patriottismo contro l’aggressore occidentale. L’esclusione della Russia dal sistema interbancario swift ha sviluppato la diffusione di sistemi di pagamento alternativi nei paesi non occidentali. Le sanzioni, con l’esclusione dal mercato interno delle merci importate, si tramutano nei paesi sanzionati in formidabili incentivi allo sviluppo della produzione nazionale. Ma soprattutto le sanzioni, comportando la confisca dei patrimoni e il congelamento dei depositi nei confronti della Russia, hanno generato la sfiducia negli USA e nel dollaro da parte dei paesi non occidentali. In tali paesi si è diffusa da tempo la convinzione secondo cui, in caso di dissenso nei confronti della politica estera americana nel mondo, si vedrebbero minacciati nella loro sovranità sia economica che politica.
E’ in corso pertanto un processo di dedollarizzazione dell’economia mondiale che ha comportato negli anni la riduzione delle riserve valutarie in dollari presso le banche centrali dal 70% al 52%. Si diffonde sempre più il commercio nelle valute nazionali tra i paesi non occidentali. Mediante le fluttuazioni del dollaro, che è valuta di riserva mondiale, gli USA hanno fatto sempre fronte alle proprie crisi esportando recessione e debito nei paesi europei. L’attuale rincorsa della BCE al rialzo dei tassi della FED condurrà l’Europa alla recessione e al suo dissanguamento finanziario. L’Europa atlantica è oggi dipendente sia dal punto di vista energetico che finanziario dall’area del dollaro. Ma l’Europa stessa con l’euro potrebbe creare un proprio sistema economico e finanziario alternativo al dollaro come lo sono l’EAEU (Eurasian Economic Union) e lo SCO (Shanghai Cooperation Organization). Ma, come afferma Fabio Mini nel suo saggio “Le guerre dentro e per l’Ucraina” pubblicato nel libro “Ucraina 2022” a cura di Franco Cardini, Fabio Mini e Marina Montesano, edito da “La Vela” 2022: “C’è abbastanza per far ragionare tutti, e in particolare Stati Uniti ed Europa. Se non fosse per la debolezza politica interna, se si liberasse della sudditanza nei confronti americani e se assumesse la responsabilità della propria sicurezza, l’Unione europea potrebbe diventare la potenza equilibratrice per tutto l’Occidente e perfino per Russia e Cina. L’euro potrebbe diventare la moneta internazionale in grado di rappresentare finalmente un’economia reale solida ancorché minacciata dai trucchi finanziari, dalle bolle speculative e dai vari quantitative easing. Ma quei “se” pesano come macigni.
Germania: la grande sconfitta
La guerra russo – ucraina ha determinato la rottura dei rapporti politici ed energetici tra Germania e Russia. Con i sabotaggi del Nord Stream 1 e 2, che hanno estromesso le forniture di gas russo dall’Europa, è venuto meno il ruolo della Germania quale paese distributore di gas in Europa. La Germania è stata infatti soppiantata dalla Polonia, che ha inaugurato in concomitanza con gli attentati il gasdotto Baltic Pipe, con cui verrà importato il gas norvegese che poi verrà distribuito dalla Polonia stessa in Europa. Inoltre, la Turchia e la Russia hanno recentemente concluso un accordo per la costruzione di un hub energetico per esportare gas russo in Europa e paesi terzi. Alla dipendenza russa si è quindi sostituita quella polacca. La debacle della Germania è evidente.
Ma la svolta epocale verificatasi nella politica tedesca con la crisi ucraina è costituita dalla fine della Ostpolitik. All’inizio degli anni ’70 il cancelliere Brandt inaugurò una nuova stagione politica per la Germania, con il riconoscimento della DDR e l’instaurazione di una politica di distensione con i paesi dell’est europeo, in particolare con l’URSS. La Ostpolitik ha garantito una lunga fase di sviluppo economico alla Germania ed ha creato una interdipendenza sia nel campo energetico che commerciale con la Russia. Ma la Germania ha sempre dovuto fronteggiare l’ostilità americana e inglese riguardo al rapporto privilegiato con la Russia. Gli USA hanno sempre osteggiato la nascita di una potenza europea autonoma dalla Nato.
Pertanto, a seguito della rottura dei rapporti energetico – commerciali con la Russia, la Germania ha assunto una nuova dimensione nella politica estera. La Germania, da potenza economica sarà trasformata anche in potenza militare nell’ambito della Nato. E’ stato varato dal governo Scholz un programma di riarmo per 100 miliardi di euro in 4 anni.
La fine della Ostpolitik comporterà anche la fine di un modello tedesco che ha fatto assurgere la Germania a potenza economica mondiale. La potenza tedesca si basava: 1) Sull’importazione di energia a basso costo dalla Russia. 2) Sull’export verso la Cina. 3) Sui suplus commerciali realizzati nella UE, a discapito degli altri paesi europei. Tali fattori di sviluppo sono dunque venuti meno. I rincari energetici e l’inflazione genereranno la crisi dell’export tedesco e difficilmente potrà ancora sussistere quel modello di sviluppo imposto anche alla UE, fondato su bassi costi energetici, compressione salariale, contenimento della domanda interna e avanzi commerciali. Onde salvaguardare l’export verso la Cina, la Germania effettuerà la cessione alla cinese Cisco del 25% del porto di Amburgo. La Germania è stata inoltre penalizzata nell’export dell’auto verso gli USA da un piano di incentivi alla produzione di auto elettriche di carattere protezionistico recentemente varato da Biden. La nuova Germania, seppur riconvertita all’Occidente con la rottura delle relazioni con la Russia, dovrà comunque fronteggiare l’ostilità americana riguardo ai rapporti con la Cina.
Il varo da parte di Scholz di un piano di 200 miliardi di finanziamenti per far fronte al caro energia, che darà luogo a rilevanti distorsioni della concorrenza nell’ambito della UE, produrrà profonde conflittualità con gli altri paesi della UE. E la crisi dell’export tedesco si ripercuoterà nella UE, data l’interdipendenza economica tedesca con gli altri paesi europei (specialmente con l’industria italiana). E’ evidente che la Germania esporterà in Europa inflazione e recessione economica.
Dalla fine del modello economico tedesco scaturirà alla lunga anche la dissoluzione della UE. La Germania non mira ad assumere la leadeship politica della UE. Vuole semmai trasformarsi un una “grande Svizzera”, tesa alla protezione dei suoi interessi economici e finanziari, a salvaguardare il benessere dei suoi cittadini ma diverrà un paese concentrato esclusivamente nei suoi egoismi nazionali e soprattutto regionali. La Germania vuole preservarsi nella sua dimensione post – storica assunta dal dopoguerra in poi nell’ambito della Nato. Ma non potrà estraniarsi dalla storia e tanto meno restare esclusa dai mutamenti geopolitici in atto su scala globale. Sarà infatti il divenire incessante della storia a coinvolgere, seppur passivamente, la Germania nel contesto delle trasformazioni dell’ordine mondiale del prossimo futuro.
E’ assai significativa l’analisi di Lucio Caracciolo espressa in un recente video sul blog di Limes: “E’ presto per stabilire chi vincerà la guerra tra Russia e Ucraina. Ma un grande sconfitto c’è ed è la Germania”.
La colonizzazione dell’Ucraina
L’Ucraina è da decenni un paese in declino. La sua popolazione in 30 anni è scesa da 52 milioni (1991) a 41 milioni (2021), con relativa fuga di cervelli e smembramento delle sue istituzioni culturali e scientifiche. Le sue risorse naturali e il suo export agroalimentare sono stati acquisiti da multinazionali e fondi di investimento occidentali.
Non si deve credere peraltro che il sostegno armato occidentale sia stato erogato a favore dell’Ucraina per ragioni ideali o con finanziamenti filantropici. L’Ucraina usufruisce degli aiuti occidentali a fronte della cessione di 12 miliardi di dollari di riserve auree agli Stati Uniti, come si rileva da un articolo di Drago Bosnic pubblicato sul blog “Bye Bye Uncle Sam”: “Attualmente, poiché in Ucraina è rimasto molto poco da saccheggiare, il regime di Kiev ha deciso di cedere le ultime vestigia di ricchezza nazionale: le sue riserve d’oro. Secondo Gold Seek, il regime di Kiev ha recentemente consegnato agli Stati Uniti almeno 12 miliardi di dollari di riserve auree ucraine. Sembra che quelle potrebbero essere le ultime riserve auree rimaste al Paese.
Da quando la Russia iniziò la sua operazione militare speciale a febbraio, la politica occidentale, guidata dagli Stati Uniti, si è appropriata di decine di miliardi di dollari di valuta estera e riserve auree dell’Ucraina. Dopo aver ricevuto decine di miliardi di dollari in cosiddetti “aiuti militari”, oltre a finanziamenti per le istituzioni governative, il regime di Kiev è stato costretto a rinunciare alle sue riserve d’oro come condizione per tutta l’”assistenza” statunitense e dell’UE”.
E’ già stato programmato peraltro dall’Occidente un grandioso business per la ricostruzione dell’Ucraina. Questa guerra avrà come epilogo la colonizzazione economica e politica dell’Ucraina. Le multinazionali occidentali mirano infatti ad appropriarsi delle riserve di gas scisto presenti nel sottosuolo ucraino, valutabili in 1,2 milioni di metri cubi di gas.
A guerra conclusa il popolo ucraino non tarderà a prendere coscienza di come la sciagurata scelta di Zelenski a favore della Nato abbia comportato la svendita del paese all’Occidente.
Dalle ceneri della UE nascerà una nuova Europa
L’unità europea nella Nato in funzione antirussa è un mito mediatico destinato a dissolversi dinanzi alla realtà. Varie aree continentali e blocchi di stati di diverso orientamento geopolitico sussistono nell’ambito della Nato. Gli stati dell’Europa orientale sono storicamente russofobi, considerano la Russia una minaccia esistenziale e sono determinati ad una guerra ad oltranza, non temendo nemmeno una sua escalation. Per l’Europa centrale invece le relazioni con la Russia sono state essenziali per il suo sviluppo economico. Poiché la crisi energetica potrebbe provocare una crisi strutturale del suo sistema economico, propendono per una pace negoziata con la Russia. L’Europa dell’anglosfera, costituita dalla Gran Bretagna e dai paesi scandinavi è ormai parte integrante dell’area geopolitica atlantica e condividono con gli USA la strategia di contenimento di Russia e Cina su scala globale.
In realtà gli USA hanno conseguito in questa guerra un rilevante successo strategico: quello di provocare la rottura delle relazioni tra l’Europa e la Russia e di ricondurre la UE nella sfera atlantica. Infatti gli USA hanno sempre avversato ogni politica europea volta alla collaborazione con la Russia, che comportasse l’emergere di una singola potenza europea o peggio, di un blocco continentale che si affrancasse dal dominio americano sull’Europa. Gli interventi americani in Europa nelle due guerre mondiali costituiscono i precedenti storici di questa strategia.
Con tutta probabilità il fronte europeo della Nato è destinato a spaccarsi. Con l’arrivo dell’inverno la crisi energetica accentuerà i suoi effetti, generando recessione economica e conflittualità politico – sociali che potrebbero condurre alla destabilizzazione interna degli stati dell’Europa centrale e mediterranea. Come afferma Dario Fabbri sul numero 7/2022 della rivista “Domino”: “Se l’armata russa può contare soltanto sulla popolazione della Federazione, sul timore di subire un’umiliazione, sul patologico legame con le terre occupate, il campo ucraino è appeso al soccorso proveniente da ovest, militare, economico, diplomatico.
Retroguardia che, in piena bufera, potrebbe repentinamente collassare. Per eclatante choc energetico, se non addirittura nucleare. Per inclinazione a fare da sé nei momenti decisivi. Per il rabbioso scorno degli americani. I prossimi mesi sperimenteranno il tasso di sopportazione degli europei occidentali, quelli meno convinti tra i sostenitori della causa ucraina, a differenza degli ex paesi comunisti, ancestralmente antirussi. L’aggravarsi della questione gasiera provocherà profonde lacerazioni alle nostre latitudini, dentro paesi post-storici usi a studiare gli eventi con lenti economicistiche, maneggiando il bilancino dei costi e dei benefici”.
Profonde lacerazioni si profilano all’interno dell’Europa: la UE è destinata a sfaldarsi. Quindi, onde evitare la frammentazione europea, gli americani assumeranno il ruolo di mediatori interni tra blocchi contrapposti. La governance politica dell’Europa sarà dunque devoluta agli USA, con una UE ormai in fase di dissoluzione.
Questa guerra produrrà fratture insanabili all’interno dell’Europa. Occorre dunque ripensare l’Europa, acquisendo la coscienza dell’artificialità delle barriere novecentesche tra oriente e occidente, che si rivelano ormai antistoriche. L’Europa rinnega se stessa, nella misura in cui non si percepisce come continente eurasiatico, in cui convivono da sempre popoli diversi, dotati di una propria identità specifica, ma accumunati da un unico destino. E’ altresì evidente il fallimento della UE, quale unione fondata esclusivamente su interessi economici e quindi destinata a dilaniarsi in conflittualità interne insanabili.
I confini di una nuova Europa non corrisponderanno più con quelli geografici. Accanto all’Europa carolingia, dovrà emergere la centralità dell’Europa mediterranea, protesa a coinvolgere anche i popoli del nord Africa e del medio oriente, in virtù delle comuni radici storiche e spirituali. E’ la sola Europa possibile. I paesi dell’anglosfera e del Baltico appartengono ormai ad altre aree sia culturali che geopolitiche non compatibili con il processo di unificazione europea. La configurazione di una possibile nuova Europa è magistralmente delineata da Franco Cardini in una recente intervista rilasciata a “La Verità”: “Fin dal Novanta al crollo dell’URSS avevano promesso a Gorbaciov che la Nato non sarebbe avanzata neppure di un pollice. Si sono mangiati tutta l’Europa orientale. Stiamo presentando il mondo con il confine Occidente dove sta il bene e Oriente dove sta il male. Ma questo confine non c’è: esiste una dimensione euro-afro-asiatica, ci doveva essere e dovevamo ribadire e difendere la centralità del Mediterraneo forte di una enorme tradizione. Invece ci troviamo a considerare gli americani come fossero i fratelli della porta accanto, i russi come criminali, i cinesi chissà come e nel frattempo ci siamo impoveriti e diventiamo sempre più succubi”.