Cosa resta dunque della politica, cosa resta oggi del sistema democratico disegnato dai padri costituenti, nell’epoca della desovranizzazione? Oggi il potere non gestisce solo il consenso, ma anche il dissenso, e lo incanala nella direzione favorevole ai propri interessi.
Abbiamo perso una battaglia, non la guerra- ebbe a dire De Gaulle nel giugno del 1940, e la storia gli diede ragione.
Nonostante la vittoria schiacciante in Calabria, peraltro del tutto minimizzata, per dare la spallata decisiva al governo abusivo che si è insediato dopo la crisi di agosto, ovvero all’indomani del consolidamento post elettorale dell’Unione europea con occupazione salda delle relative poltrone, Ursula Von der Leyen in testa, occorreva l’espugnazione della cosiddetta roccaforte rossa emiliano romagnola, cosa che non è avvenuta. E l’amarezza è acuita dalla speranza che animava tutti coloro che, da più parti della società civile italiana, chiedevano legittimamente ed a gran voce che questo governo cadesse e si andasse al voto.
Cosa resta dunque della politica, cosa resta oggi del sistema democratico disegnato dai padri costituenti, nell’epoca della desovranizzazione? Sovviene l’aforisma di Mark Twain, secondo il quale se votare contasse qualcosa, non sarebbe consentito.
Lo scenario che si presentava per il candidato uscente del cosiddetto centro sinistra, all’inizio della kermesse elettorale, era particolarmente fosco. L’istanza repressa di voto politico, l’emersione rapidamente insabbiata dell’odiosa rete di Bibbiano, il dissesto idrogeologico esploso con le inondazioni causate dal maltempo autunnale, il degrado delle città, l’insicurezza dei cittadini e la crisi abbattutasi violentemente sul ceto medio, il malumore nei confronti del monopolio economico esercitato dal sistema delle cooperative rosse, la necessità di un esercizio autentico della democrazia attraverso l’alternanza, queste sono solo alcune delle ragioni che inducevano a prevedere una sonora sconfitta. Cosa poteva promettere agli elettori il padrone di casa di palazzo Accursio, per poterli convincere a rinnovargli il mandato e la poltrona? A parte il solito linguaggio politichese, null’altro se non parole rese ancora più vuote se pronunciate dall’esponente di un partito che negli ultimi anni è stato sconfitto in tutte le elezioni ma è sempre rimasto al governo e che, in particolare nella regione rossa per eccellenza, è al governo da settantacinque anni. Dunque occorreva un piano strategico per poter impostare la campagna elettorale.
Si sono pertanto messi alacremente al lavoro. Manifesti pubblicitari privi del simbolo del PD e campagna elettorale basata quasi esclusivamente sul disprezzo dell’avversario politico. Contestualmente ecco spuntare dal nulla, come il coniglio dal cappello del prestigiatore, le Sardine, il nuovo movimento che velocemente riempie e anima le piazze. Tra concertoni, insulti alla Lega e minacce di morte al suo capitano, ecco il nuovo soggetto proclamatosi apolitico che sponsorizza Bonaccini, che non vuol più sentir parlare di Bibbiano ma si scaglia contro l’opposizione, che poi è la maggioranza poiché, anche alla luce del risultato elettorale stesso, Lega e Fratelli d’Italia in Emilia Romagna costituiscono la maggioranza.
Le Sardine, una specie mutante della nuova “polittica”, che si muove a banchi qua e là e vive nei pescosi mari di Bologna, Reggio Emilia e Parma, notoriamente ameni e ricchi di plancton, ma non in quelli della Calabria, troppo tersi e quindi inospitali nonché decisamente di serie B, visto che la schiacciante vittoria qui riportata contro un’amministrazione anch’essa di sinistra, pare non avere alcun valore né peso. Programmi politici nessuno, linguaggio dell’odio ben in vista, le Sardine ottengono subito la massima visibilità mediatica e iniziano le ospitate televisive dei loro esponenti di spicco, nonché le manifestazioni di simpatia da parte di Soros e di taluni esponenti della Chiesa bergogliana.
Esse sono le uniche di cui si sente parlare, mentre l’inquilino a vita di Palazzo Accursio le contempla soddisfatto dal balcone, e tiene nella manica l’asso che dall’alto gli hanno passato sotto il tavolo, da giocare nell’ultima mano. Infatti a sorpresa, a quattro giorni dal voto, attribuendo tutta la responsabilità a dinamiche interne al movimento, ad opera di non meglio precisati traditori, il capo politico del “MóVimento” 5S rassegna le proprie dimissioni, liberandosi dalla cravatta in diretta TV e consegnando alla resa totale quel poco che resta del soggetto uscito vincitore dalle urne politiche del marzo 2018.
Il Movimento 5S, quello che doveva “dare le carte” ad un centrodestra vincitore e ad un cosiddetto centrosinistra uscito sonoramente sconfitto, oggi è poco più di una larva, del simulacro di sé stesso, spolpato dall’abbraccio mortifero, dal bacio venefico del PD; sì, proprio quello che si proclamava né di destra né di sinistra, che doveva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno e che invece ha avuto la funzione, solo ed ancora una volta, di asservire la politica desovranizzata agli interessi dell’élite, alle trame ordite nei Palazzi di Bruxelles, abitati da coloro che contano e che non hanno esitato a gettarlo via una volta divenuto inutile, e a riempire eventualmente quella scatoletta rimasta vuota con le sardine, il prodotto inscatolato del finanzcapitalismo.
Bonaccini ha vinto perché l’Unione europea ha creato dal nulla le Sardine orchestrando e finanziando tutta l’operazione, ha vinto perché ha avuto tutta l’informazione pro regime schierata dalla sua parte, perché ha insabbiato Bibbiano e si è avvalsa del voto delle Coop rosse e dell’odioso sistema di potere incistato da sempre nell’economia della regione in un intreccio, tra clientela e politica, di vecchia data e triste memoria; triste per la democrazia, triste per il Paese, per l’istanza di alternanza che proviene dalla società civile e per la cui risposta era necessaria la poderosa spallata al governo data dall’espugnazione della roccaforte emiliano romagnola. Questi sono i meriti di Bonaccini, questo è il buon governo!!!
La cosiddetta, nonché residua, prosperità dell’Emilia Romagna c’è ancora MALGRADO e non grazie a Bonaccini e al PD, abusivamente al governo nonostante abbia perso tutte le elezioni. Il suo “successo” non proviene dalle capacità personali, non deriva dalle città della regione ma viene dall’alto. È l’élite contro il popolo, e l’élite, questa volta col volto di Bonaccini, ha vinto ancora e continua a vincere, sostenuta dalla disinformazione prodotta dai media e dalla manipolazione delle coscienze operata dal pensiero unico.
E così il banco vince sempre, l’élite mondialista vince sempre, e ha vinto, stando alle dichiarazioni trionfalistiche del capo del governo in carica, anche a questa tornata elettorale, nonostante veda l’opposizione sbaragliare tutti in Calabria e detenere la maggioranza anche in Emilia, dove il PD registra una flessione di 10 punti, malgrado il sostegno delle Sardine, senza tener conto che in quasi due anni 8 regioni su 9 sono passate dal centrosinistra al centrodestra.
Ed ora questo governo, con l’arroganza che da sempre lo caratterizza, essendo esso espressione del potenti e non del popolo, si appresta a proseguire e portare a termine i suoi obiettivi di invasione e pauperizzazione del Paese
Oggi il potere non gestisce solo il consenso, com’è sempre avvenuto, ma anche il dissenso, e lo incanala nella direzione favorevole ai propri interessi. Oggi, che la politica è diventata mera continuazione dell’economia e lo Stato un apparato svuotato di ogni sovranità, feudo del mondialismo, non sono più necessarie sospensioni delle libertà democratiche e purghe perché attraverso un uso sapiente del manganello economico e della manipolazione delle coscienze è ancora possibile giocare con le vecchie regole: la suadente e nichilista dittatura liberista, con un po’ di palestra e di dieta, è riuscita ad indossare l’abito della democrazia ma… sotto il vestito niente!