Ursula Gertrud von der Leyen è un politico della CDU, il partito della Merkel, estremo sostenitore dell’asse franco-tedesco e delle politiche di austerità imposte dalla Commissione finora, ovviamente purché non riguardino Francia e Germania
Subito dopo l’esito delle ultime elezioni europee il mainstream ha gridato ai quattro venti la vittoria della Lega, che avrebbe acquisito un maggiore peso politico nello scenario Continentale. Solo noi, e pochissimi altri, abbiamo fatto un’analisi realistica dei dati elettorali, avvisando che le cose erano andate in modo ben diverso (per chi ha poca memoria, può leggere l’articolo apparso sullo scorso numero di questa rivista: https://www.centroitalicum.com/%ef%bb%bfquando-i-vinti-si-credono-vincitori/). In quell’analisi dicemmo chiaramente che i vincitori erano stati gli europeisti. Anzi, che la nuova maggioranza uscita dalle urne sarebbe stata ancora più europeista della precedente, e che il peso della Lega, e di cosiddetti sovranisti in generale, sarebbe stato estremamente marginale. E’ brutto dire ve l’avevamo detto, ma … ve l’avevamo detto! Infatti, proprio nei giorni passati si sono avute le prime nomine delle cariche europee e i risultati sono stati esattamente quelli da noi previsti. Andiamo a vederle nel dettaglio.
Cominciamo con la neo Presidente della Commissione Europea, la carica politica più importante della UE: Ursula Gertrud von der Leyen. La von der Leyen è un politico della CDU, il partito della Merkel, estremo sostenitore dell’asse franco-tedesco e delle politiche di austerità imposte dalla Commissione finora, ovviamente purché non riguardino Francia e Germania. Le sue idee riguardo i nuovi equilibri di potere emergono chiaramente già dal fatto che si sia rifiutata di incontrare prima della sua elezione il Presidente del gruppo europeo sovranista a cui appartiene tra gli altri la Lega, cercando invece l’appoggio compatto del Partito Popolare Europeo. Che non abbia particolare simpatia per il Governo italiano d’altronde lo si capisce ancor di più dalla dichiarazione sul nostro debito pubblico, in particolar modo, in rapporto al PIL, tema sul quale come è noto siamo stati minacciati di essere colpiti da procedura di infrazione e che è stato al centro delle ultime tensioni tra il nostro Esecutivo e Bruxelles. Giusto di passaggio, vorrei ricordare che non esiste alcune possibilità da parte della UE di sanzionare un Paese membro che dovesse rifiutarsi di pagare le sanzioni conseguenti a tale procedura. La von der Leyen ha dichiarato con grande semplicità come “per l’Italia sia necessario andare avanti sulla strada delle riforme considerato il debito a livelli critici” (fonte: https://www.corriere.it/economia/finanza/19_luglio_13/conti-pubblici-von-der-leyen-debito-italia-critico-urgono-riforme-a62547f6-a5ab-11e9-9045-dc8a82e7e44b.shtml), ovviamente senza fare cenno al fatto che la Francia abbia una situazione debitoria complessiva peggiore di quella dell’Italia. Basta infatti leggere un interessantissimo articolo di Italia Oggi (https://www.italiaoggi.it/news/la-francia-sta-superando-l-italia-2348908), per scoprire che secondo l’analisi dell’agenzia Bloomberg, non proprio un centro sovranista, nel 2019, la Francia supererà l’Italia come posizione debitoria per almeno 50 miliardi di Euro, diventando il Paese più indebitato dell’Eurozona. Ma la neo Presidente, invece non pensa che Parigi debba mettere in atto le riforme “suggerite” a Roma. Ma quali sarebbero queste riforme auspicate dalla von der Leyen? Quali sono le sue “illuminanti” ricette per fare uscire un Paese dalla crisi? Bene, per saperne di più, forse è bene ricordare quale fosse la sua posizione sulla crisi della Grecia del 2011, quando all’epoca era Ministro del Lavoro di Berlino. A fronte di una situazione durissima in cui versava Atene, colpita come sappiamo benissimo delle inefficaci misure di austerity imposte dalla Troika – inefficaci ovviamente per i cittadini greci, ma molto utili invece per arricchire ulteriormente le banche tedesche principali detentrici del debito greco – la von der Leyen affermava che “eventuali prestiti alla Grecia avrebbero dovuto essere controbilanciati dalla garanzia sull’oro greco e dalla cessione di aziende di Stato” (fonte: https://scenarieconomici.it/attila-von-der-leyen-quando-nel-2011-la-presidente-voleva-saccheggiare-oro-ed-aziende-greche/). Cosa che ha comportato la distruzione dello Stato greco che ha progressivamente perso la potestà nazionale sui suoi settori strategici. La recentissima sconfitta di Tsipras alle elezioni dimostra i danni subiti dalla popolazione greca. Va detto che tale durezza fu censurata addirittura sia dalla Merkel che da Schaeuble, i quali invitarono l’attuale Presidente a moderare le proprie posizioni!
Altra “amica” della Grecia e grande sostenitrice dell’austerity è Christine Lagarde, già Ministro dell’Economia francese sotto la presidenza Sarkozy. Vi avevamo detto che la nuova maggioranza avrebbe cooptato i super-europeisti di Sarkozy & Co. La Lagarde è poi passata a dirigere il Fondo Monetario Internazionale, e adesso è stata eletta Presidente della Banca Centrale Europea, succedendo a Mario Draghi. Il quale, seppur convinto europeista, aveva previsto fondi per aiutare gli Stati più deboli ad affrontare la crisi, di cui anche l’Italia ha beneficiato negli anni scorsi. Sotto la guida della Lagarde, il FMI varò i provvedimenti durissimi che colpirono la Grecia nella crisi del 2011, con prestiti e interventi straordinari – è bene sempre ricordare che ne hanno usufruito solo le banche nord-euopee e tedesche in particolare e mai i cittadini ellenici – in cambio di tagli alla spesa pubblica, licenziamenti in massa di dipendenti statali, perdita del benché minimo welfare, privatizzazioni selvagge che, come abbiamo già detto, hanno privato Atene del controllo di settori strategici nella vita del proprio Paese. Due dati tanto per far capire meglio i risultati dell’austerity inflitta ai cittadini greci dalla Troika e dalla signora Lagarde in primis: “il Pil si è così contratto di oltre il 20% in più rispetto alle previsioni e la disoccupazione, che non doveva superare il 15%, è schizzata al 25%”. (fonte: https://www.ilprimatonazionale.it/economia/macellaia-grecia-bce-christine-lagarde-123303/).
Ma la neo presidentessa della BCE ebbe un occhio di riguardo anche per l’Italia, chiedendo all’allora governo Berlusconi, tagli e riforme in “stile Grecia” per poter accedere ai finanziamenti del FMI, offerta respinta al mittente da Roma, cosa che però non ci salvò da un pesante attacco speculativo che i più si ricorderanno. Strenua sostenitrice della libera circolazione e delle frontiere aperte alle merci, che ovviamente significa anche e soprattutto alle persone. Tale politica porta immancabilmente alle nuove forme di schiavismo e sfruttamento dei lavoratori, indigeni e non, che tutti abbiamo sotto gli occhi.
Dulcis in fundo, e come si dice oggi last but not least, abbiamo assistito alla nomina di David Sassoli a Presidente del Parlamento Europeo. Nonostante le dichiarazioni entusiastiche di Salvini sui risultati elettorali e le promesse secondo cui in Europa sarebbe cambiato tutto, è stato eletto Sassoli, che non appartiene alle truppe leghiste, e nemmeno a quelle “gialle” dei 5 Stelle. Bensì proviene dalle file del derelitto Partito Democratico, il quale, pur avendo perso le elezioni, ha ottenuto una carica tanto prestigiosa, nella persona di questo analista à la page, mentre il Carroccio “non tocca palla”. Già dal discorso di insediamento, Sassoli ha tenuto a ricordare che chi pensava che il progetto europeista venisse sconfitto dalle urne, si è dovuto ricredere e che anzi tale progetto andrà rilanciato con forza all’insegna di “democrazia, diritti, sviluppo e uguaglianza”… Viene da chiedersi se forse il PD viva in un’Europa molto diversa da quella in cui viviamo tutti. Ma d’altronde l’estraneità dalla realtà della dirigenza piddina è la causa prima della devastazione subita da questo partito dalla esperienza Renzi ai giorni nostri. Sul delirio di una presunta difesa delle opposizioni e delle minoranze all’interno della UE, altro tema trattato nel discorso di insediamento, non penso valga nemmeno la pena di dilungarsi. Ma giusto per curiosità, se il neo Presidente vuol conoscere decine e decine di persone attualmente sotto processo nella sola Italia per reati di opinione, posso avere io stesso il piacere di fargliene conoscere diverse. Senza contare i vili pestaggi a cui sono stati sottoposti esponenti dell’opposizione nei mesi scorsi nella europeissima Germania. Su quanto poi vengano discriminati i musulmani in Europa è quasi surreale parlarne. Basti pensare che vengono aperte sinagoghe e chiese in ogni angolo del Continente, ma per aprire una moschea, nella “diversissima” Italia, come sostiene Sassoli, servono permessi. Si sente spesso dire che dovrebbe essere richiesto l’obbligo dell’italiano nelle funzioni (cosa che ci si guarda bene dal chiedere di farlo ai rabbini). E’ questo il teatrino a cui assistiamo quasi quotidianamente. Infine molto curioso l’invito alla riforma del Trattato di Dublino: come a chiedere una presa di posizione contro l’immigrazione clandestina. Forse il PD ha preso questa decisione a bordo della SeaWatch della “mitica” capitana Carola!
Ma siccome vi abbiamo abituato a guardare al futuro, cercando di anticipare gli scenari venturi, le ultime parole le voglio dedicare alla prossima nomina del Commissario che spetterà all’Italia. Il Governo avrebbe chiesto un ruolo di primo piano e possibilmente in qualche ambito economico. Ammesso e non concesso che tale richiesta venga accolta, cosa che vista la debolezza e l’isolamento che il nostro esecutivo vanta nel nuovo scenario europeo mi fa dubitare alquanto possa succedere, quale è il nome nuovo che i sovranisti nostrani vogliono giocarsi? La risposta è l’ex Ministro di Forza Italia Giulio Tremonti. Sebbene critico verso l’austerity e sostenitore di “presunte” radici giudaico-cristiane dell’Unione Europea, ma siamo proprio sicuri che Tremonti possa essere la figura che ribalti le logiche europeiste a favore del sovranismo? Siamo proprio certi che la sua candidatura non sia “il meno peggio” che Roma possa chiedere all’asse PPE-Socialisti nuovamente al potere a Bruxelles? L’idea è che possa valere anche in questo caso il detto “tanto fumo poco arrosto” per il Capitano Salvini.
Insomma, parafrasando un altro detto popolare, e come da noi già anticipato, con il nuovo assetto di potere Europeo noi cittadini del Vecchio Continente siamo proprio caduti “dalla padella Junker nella brace von der Leyen”.