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IL PETROYUAN E I FATTI DI GAZA

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Un’analisi economica svolta da Maurizio Brignoli, autore di “Jihad e imperialismo”, sulle cause della guerra in Medioriente offre una chiave di interpretazione alla sua comprensione

L’interessante lettura dei fatti di Gaza in chiave economica proposta da Maurizio Brignoli in un articolo pubblicato lo scorso 17 novembre su lantidiplomatico.it, dal titolo “Le cause economiche dietro il massacro di Gaza”, conferma che attribuire valenza événementielle – secondo l’analisi braudeliana – ai fatti intervenuti il 7 ottobre 2023 o il 24 febbraio 2022, conferendo loro il crisma di arbitrarie date di inizio della Storia, non rende un buon servigio alla comprensione delle dinamiche storiche né tantomeno alla gestione responsabile delle ricadute future.

L’operazione militare russa in Ucraina e l’attacco di Hamas a Gaza necessitano, semmai, di prospettive diverse e più complesse. Aderendo alla nozione di événement fornita dallo storico marxista Michel Vovelle nel classico Idéologies et mentalités del 1982, di questi accadimenti è possibile, invece, proporre una triplice lettura: quella di événement héritage, risultato delle sue cause; quella di instant privilégié, punto di incontro di passato e futuro; quella di événement fondateur, punto di partenza di sviluppi futuri.

La vulgata mainstream, in entrambe le vicende belliche, ha schiacciato i rispettivi avvenimenti circoscrivendoli alla sola dimensione presente ed espungendo dalle analisi razionali le eziologie politico-strategiche e socio-economiche passate e le proiezioni future privandole di ogni giustificazione ed, anzi, spiegando i fatti russo-ucraini ed israelo-palestinesi con le fuorvianti categorie della follia e della demenza senile, da un lato, e del terrorismo religioso, dall’altro.

Lo scritto di Brignoli dunque, al quale doverosamente rimandiamo per la completezza delle tesi esposte, ha il merito di leggere più in profondità gli avvenimenti di Gaza riconoscendo, fin dall’incipit, che: “Gli eventi come le guerre, notoria continuazione della politica di stato con altri mezzi, hanno alle spalle una struttura economica”. Così inquadrato nel contesto economico e soprattutto energetico, il conflitto mediorientale assume altra veste ed altri connotati interpretativi.

Lo sfruttamento degli immensi giacimenti di petrolio e gas scoperti tra il 1999 ed il 2010 nel Mediterraneo orientale, oltre ad evidenziare interessi politici ed economici in collisione tra le diverse potenze regionali, Russia, Cina e multinazionali occidentali, ha riacutizzato il rischio per gli USA, a valle degli accordi di approvvigionamento energetico che la Cina ha siglato con Russia, Iran e monarchie del Golfo, di veder concretamente minacciato il sistema valutario dollarocentrico attraverso la realizzazione del cosiddetto petroyuan, cioè l’abbandono del biglietto verde (la de-dollarizzazione) quale divisa di regolamento monopolista nelle transazioni delle fonti energetiche.

Ricordiamo al proposito l’inquietante precedente geopolitico e militare di inizio millennio, allorquando la decisione dell’Iraq di trattare direttamente con l’Europa dalla quale accettava i pagamenti di greggio in euro venne sanzionata dalla talassocrazia occidentale con la fake news delle armi chimiche e dalla guerra di esportazione (non richiesta) della democrazia che ne seguì.

Il rientro della Russia nel G20 e soprattutto la nuova composizione allargata dei BRICS a 11 dal primo gennaio 2024 sono dunque elementi da seguire con attenzione per interpretare adeguatamente singoli avvenimenti che senza adeguata contestualizzazione politica, economica o geostrategica rischiano l’incomprensione o al massimo la qualifica di “istanti privilegiati”.

 

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