L’embargo verso l’Iran è un atto unilaterale americano. Le accuse di fomentare il terrorismo nell’area, sono chiaramente di natura strumentale, sono azioni di propaganda bellica atte a occultare le strategie egemoniche israelo – americane in Medio Oriente.
Dal 2 maggio cesseranno le deroghe all’importazione di greggio dall’Iran. Trump, l’8 maggio 2018 annunciò l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo con l’Iran già concluso nel 2015 dall’allora presidente Obama, unitamente al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e alla Germania. Tale accordo, prevedeva la fine dell’embargo imposto all’Iran, che, in cambio di aiuti economici, si obbligava alla costruzione di centrali nucleari solo per fini civili. Tale accordo fu denunciato da Trump a seguito di pressioni da parte di Israele, in quanto l’Iran rappresenta per essa l’unica potenza in grado di contrastare la sua politica egemonica in Medio Oriente. Analoghe pressioni furono fatte dall’Arabia Saudita unitamente agli Emirati arabi, nemici irriducibili dell’Iran sciita, che ha validamente contrastato l’espansione sunnita in Iraq e Siria dell’Isis, oltre a rappresentare per gli stati del Golfo un temibile concorrente nel mercato petrolifero.
Il rinnovato embargo verso l’Iran, prevedeva tuttavia delle deroghe temporanee nel commercio con l’Iran stesso, per 8 paesi tra cui l’Italia. Tali deroghe non saranno più rinnovate. Secondo Washington “Questa decisione mira a ridurre a zero l’export del petrolio iraniano”. Gli USA hanno annoverato i guardiani della rivoluzione iraniani tra le “organizzazioni terroristiche” e pertanto impongono tali sanzioni “per mettere fine all’attività destabilizzante del regime che minaccia gli Stati Uniti, i nostri partners e la sicurezza in Medio Oriente”. Trattasi dunque di una decisione unilaterale degli USA. Non sembra peraltro che, riguardo al pericolo del terrorismo islamico e alla sicurezza dell’are mediorientale decisioni simili siano state adottate dagli USA nei confronti dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi, già aperti sostenitori dell’Isis, e fautori dell’espansionismo sunnita nell’area. Tali paesi vengono invece annoverati tra i loro alleati.
L’embargo verso l’Iran è un atto unilaterale americano che comunque pregiudica, oltre che l’Europa, anche l’economia di molti paesi. Mentre i dissensi europei circa l’embargo sono stati assai tiepidi e solamente verbali, la Cina ha reso noto la sua ferma opposizione a tale embargo rivendicando la legittimità e la legalità internazionale degli accordi già da essa stipulati con l’Iran. La Turchia ha duramente contestato la decisione americana e ha dichiarato la sua ferma contrarietà all’embargo, in quanto la politica degli USA, oltre a non contribuire alla pace a alla sicurezza del Medio Oriente, provocherà enormi danni alla popolazione iraniana. L’embargo americano è tra le principali cause della crisi economica in cui è precipitata la Turchia dallo scorso 2018. L’Iran è il principale fornitore di petrolio e il primo partner commerciale della Turchia.
Per quanto concerne l’Italia, gli USA hanno inflitto alla Unicredit una multa pari ad 1,2 miliardi di dollari per violazioni delle norme sull’embargo. La decisione americana ha inoltre un rilevante impatto negativo sull’export italiano. L’interscambio tra Italia e Iran era cresciuto nel 2017 del 97% rispetto al 2016; ammontava a 5 miliardi di euro, più elevato di quello francese (3,8 miliardi) e di quello tedesco (3,3 miliardi). Infatti le esportazioni italiane in Iran avevano subito un notevole incremento dal 2012 al 2017, nei settori dei macchinari, delle apparecchiature elettriche, della chimica – farmaceutica e del made in Italy, pur dovendo affrontare notevoli difficoltà per contendere le quote di export ai competitor occidentali. Erano stati programmati per gli anni a venire, circa 30 miliardi di investimenti italiani in Iran.
Le esportazioni di petrolio costituiscono la maggiore fonte di entrate per l’Iran. La strategia di “massima pressione” annunciata dal Segretario di Stato americano Mike Pompeo, mira a generare, attraverso l’isolamento dell’Iran, una vasta crisi economico – finanziaria interna, al fine di suscitare un ampio malcontento popolare e favorire quindi insurrezioni che abbiano l’effetto di rovesciare il regime iraniano. La politica americana ha dunque la finalità di destabilizzare ulteriormente l’area mediorientale. Le accuse di fomentare il terrorismo nell’area, sono chiaramente di natura strumentale, sono azioni di propaganda bellica atte a occultare le strategie egemoniche israelo – americane in Medio Oriente.
L’Europa si rivela impotente e disarmata dinanzi alle scelte unilaterali della politica estera americana. L’Europa ha già dovuto scontare le conseguenze economiche dell’embargo imposto alla Russia a seguito della guerra in Ucraina. L’embargo verso la Russia ha comportato per l’Italia gravi danni per l’export nel settore agro – alimentare. Inoltre, la politica trumpiana riguardante l’imposizione dei dazi sulle importazioni si sta dimostrando particolarmente incisiva nel settore dell’auto in Europa e assai determinante nel rallentamento dell’economia europea verificatosi nel secondo semestre 2018.
In conseguenza del dichiarato embargo totale sul petrolio iraniano tutti i mercati finanziari hanno registrato una vorticosa impennata delle quotazioni del greggio e dei prodotti petroliferi ed un parallelo rincaro del prezzo del petrolio a 7 dollari il barile. Si è inoltre verificato un calo dei titoli obbligazionari con relativo incremento dei tassi di interesse ed innalzamento dello spread per l’Italia. L’aumento del prezzo del greggio ha automaticamente innescato anche la spirale speculativa: in Italia, come da tradizione, in corrispondenza delle festività la benzina è aumentata raggiungendo la soglia di 2 euro al litro. Secondo le previsioni la tendenza al rialzo del prezzo del greggio potrebbe perdurare fino a raggiungere nel prossimo futuro la quota di 8,5 dollari il barile. Tale andamento al rialzo dei carburanti, avrebbe effetti depressivi rilevanti su una economia europea già in fase recessiva, specie per l’Italia. Occorre infatti tener conto che il trasporto commerciale avviene in Italia per l’85% su strada. Il costo dei carburanti incide in misura rilevante sulla logistica e quindi anche sui prezzi al consumo. Particolarmente colpito è il settore agro – alimentare, in cui i trasporti incidono per il 30 – 35% del costo di produzione.
In realtà sta emergendo in tutta la sua evidenza la progressiva emarginazione dell’Europa dal contesto geopolitico mondiale, dovuto proprio alla identificazione dell’Europa stessa con l’Occidente americano.
La divergenza tra gli interessi americani e l’Europa si è rivelata già insanabile con il mutamento delle strategie della politica estera americana verificatosi con l'”America First” inaugurato dall’avvento della presidenza Trump, che ha tra l’altro comportato anche la crisi della Nato.
La nuova politica estera americana, riguardo ai rapporti con l’Europa si è rivelata ondivaga e priva di credibilità. La recente crisi libica ne è un eclatante esempio. Gli USA sostenevano fino a circa un mese fa in Libia il governo legittimo di Tripoli di Sarraj, conferendo tra l’altro all’Italia un ruolo strategico rilevante nel mediterraneo, in contrapposizione al regime di Bengasi del generale Haftar, sostenuto dalla Russia. Tuttavia recentemente gli USA, a seguito dell’aggressione di Haftar (già sostenuto dalla Francia in aperta ostilità alla presenza italiana in Libia), volta alla conquista di Tripoli, hanno ribaltato le proprie alleanze a favore di Haftar. Le ragioni di tale voltafaccia sono evidenti: Haftar è sostenuto dall’Arabia Saudita, dagli Emirati e soprattutto dall’Egitto, da paesi cioè alleati e grandi partners commerciali e finanziari degli USA. L’irrilevanza dell’Onu e della legalità internazionale è evidente.
E’ comunque l’Italia a fare le spese di questa ambivalenza americana. L’Italia è rimasta isolata ed impotente a sostenere il governo di Serraj e vede seriamente minacciata la sua presenza in Libia. Il clamoroso paradosso tutto italiano è che i movimenti sovranisti, si ispirino all’atlantismo e alla politica trumpiana. Su certo patriottismo è lecito nutrire seri dubbi.
Si vanno profilando nuove alleanze e nuove strategie geopolitiche degli USA nell’area mediorientale. Si va costituendo una sorta di nuova “Nato mediorientale”, che vede protagonisti Israele, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, l’Egitto, quale schieramento di paesi che possano garantire gli interessi americani legati alle materie prime e il dominio del Medio Oriente e del nord Africa. Le potenziali nuove “primavere arabe” in Sudan, Algeria, la recente guerra in Libia e la politica di destabilizzazione dell’Iran sono la tangibile conferma delle rinnovate mire espansionistiche americane.
La nuova strategia geopolitica americana comporterà la progressiva estromissione dell’Europa dal Medio Oriente e dal Mediterraneo. L’Europa, che sembra condannata ad un ruolo marginale nel contesto geopolitico mondiale, è in realtà vittima di se stessa, della sua gabbia finanziaria, degli egoismi franco – tedeschi dominanti al suo interno, della propria settantennale acquiescenza allo stato di sovranità limitata imposto dalla Nato e dal dominio politico – militare americano. L’Europa ha generato in se stessa i gemi della propria dissoluzione.